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Spigolature di archivio(*)

di Nicola Mancini

 

Già dal 1979, il prof. D. Marrocco, illustrando lo stato e la consistenza degli archivi ecclesiastici del territorio alifano, si augurava un “riordinamento generale degli archivi della diocesi, colla catalogazione dei documenti, per consultazione e studio”.(1) Fino ad oggi tale appello è rimasto in gran parte senza effetto; ma è certo che il materiale più determinante e dettagliato per la storia delle comunità alifane si trova negli archivi parrocchiali della diocesi, dove ancora oggi si conservano documenti di cui non si conosce con precisione nè il contenuto, nè i nomi dei protagonisti, nè lo spirito dei tempi cui essi si riferiscono. Occorre perciò un’utilizzazione organizzata e sistematica di quelle carte oggi consultate occasionalmente e superficialmente.

A S. Angelo d’ Alife, nell’ Archivio della parrocchia di S. Maria della Valle, sono conservati, tra altri numerosi documenti, due vecchi volumi contenenti gli atti rogati dal notaio Giuseppe de Angelillis(2). Si tratta di due libri, ciascuno di circa 150 fogli, numerati solo sulle pagine dispari (recto); il primo è dell’ anno 1668,(3) il secondo del 1681. In essi, tra una folla di venditori, compratori, donatori e testimoni, compaiono personaggi eminenti, laici ed ecclesiastici, e perfino il vescovo Domenico Caracciolo, donna Cecilia Acquaviva, duchessa di Laurenzana e lo stesso duca Antonio, suo marito.

E’ evidente però che la maggior parte dei comparenti appartiene all’Università di S. Angelo Raviscanina, così le numerose notizie spicciole e particolari vanno a porsi accanto a quelle già note di questi due paesi, oggi ben distinti, ma un tempo accomunati a formare il feudo di S. Angelo Raviscanina.(4)

Della lunga serie di atti legali riporto qui quelli più significativi, particolarmente adatti a rievocare personaggi e costumi dell’ epoca

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Dall’ atto steso il 5 gennaio 1668 apprendiamo che, nell’ annata amministrativa 1599 - 1600, il Ripartimento di S. Angelo era governato dal sindaco Pasquale d’ Antico e dagli eletti Giacomo Perrotta, Marzio Ausonio, Giovanni de Petruccio e Giovannello Iannacone.

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2 febbraio, Sancti Angeli Rauiscaninae, in platea publica.

Si prende atto delle dichiarazioni di Martino Norato, il quale, in seguito alla morte di Nunzio Girardi, sponte offerì seruire lui per soldato a Cauallo del battaglione, contentandosi di hauer per sua prouisione ducati sei e mezzo l’anno, et non più.

Nel documento si cita il sindaco di quell’anno, Francesco Girardi, e gli eletti Francesco Ricciardi, Pietro Iannotta e Francesco Fatica. Presenti all’atto Carlo Maiello, regio giudice a contratti e Donato Magnone, sindaco nel 1653 - 54.

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9 febbraio 1668. Sancti Angeli in Repartimento Rauis Caninae.

Paolo de Cristofano di Raviscanina è detenuto nelle carceri di Pietravairano per non aver pagato l’ affitto della Scafa a Francesco Iannacone, cassiere del marchese Grimaldi. Pertanto, per saldare il suo debito e tornar libero, il De Cristofano è costretto a vendere, per dieci ducati d’ argento, un vano terraneo cum casaleno, cortile ed orticello a Silvestro Perillo. Il tutto è posto in Raviscanina, alla via Casa Botta, presso le proprietà di Vincenzo de Sisto e di Geronimo Pollastrino, presente all’ atto in veste di regio giudice a contratti.

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2 aprile. Sancti Angeli Rauiscaninae, coram Magnifico Joanne Baptista de Simone Conchae ad praesens Locumtenente in dicta Terra Sancti Angeli Rauiscaninae.

Alla stesura del documento è presente il governatore della Terra di S. Angelo Rauiscanina, Giovan Battista de Simone(5) chiamato ad assistere di persona alle dichiarazioni che stava per rendere Francesco di Sanfelice di Raviscanina. Questi aveva esposta querela criminale contro Antonio de Lione, reo di omicidio per aver accoltellato ed ucciso Marta Matone, madre del Sanfelice. Ora, seguendo l’insegnamento di Cristo qui in Cruce pendens pro crucifixoribus orauit, esso Sanfelice dichiarava di voler ritirare la querela e di non farne altre per l’ avvenire.

Il documento ci offre il nome di un nuovo governatore del feudo di S. Angelo Raviscanina, perciò a quelli fino ad oggi noti bisogna aggiungere il suddetto Giovan Battista de Simone (1668), Francesco dello Izzo, in carica prima del 1668 e Costantino(?) de Cristofano, governatore nel 1671, tutti nominati nei registri del notaio.(6)

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9 maggio. Sancti Angeli Rauiscaninae, in platea publica.

Viene registrata l’asta per la fida di tutte le erbe pascolive del territorio feudo. Queste erbe, comprese quelle dei sottoboschi feudali, assumevano un ruolo di primaria importanza sia per l’Università, che ne traeva un utile in danaro, sia per i numerosi cittadini che si dedicavano all’ allevamento del bestiame.

La gestione annua di questi pascoli, dal 1° settembre al 31 agosto dell’ anno successivo, veniva messa all’asta nella piazza di S. Angelo, alla presenza degli amministratori dei due Ripartimenti. All’ estinzione della candela, Antonio Ricciardo si aggiudicò i pascoli per 130 ducati, da pagarsi anticipatamente in potere di Francesco Girardi, e Giulio Iannotta sindici per douernosi quelli dare a tenere all’ Illustrissimo Signor Marchese o a uno dell’ Illustrissimi Signori suoi figli per douersene pagare la 3a dell’ Erario(7) , li caualli a fuoco, comprarsi l’ arme, et selle per li soldati, et caualli, et per altre occorrenze urgenti; che ui saranno in conformità del publico conseglio congregato fra cittadini.

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6 agosto. ....prope Ecclesiam Sanctissimae Nunciationis, et proprie Repartimenti Paparinorum.

Il notaio si reca nell’ abitazione di una tal Faustina Giugno ad ufficializzare le ultime volontà dell’ anziana signora, la quale raccomandando l’ anima sua all’ onnipossente Dio, et sua madre Santissima Maria sempre Vergine, et a tutti Santi vuole che, passando la sua anima da quest’ all’ altra vita, debba il suo corpo seppellirse nella sepultura della Cappella del Santissimo Sacramento(8) costrutta dentro la Parrocchial Chiesa di Santa Maria della Valle in detta terra.

Et perché l’ istitutione dell’ erede è capo et principio di qualsivoglia testamento, senza la quale de juris censura il testamento se dice esser nullo. Per tanto essa Faustina testatrice da hora  istituisce, ordina et fa, et con sua propria bocca nomina a sè suo erede uniuersale, et particulare il sud° Gio: Carlo d’ Ambrosio suo legittimo marito sopra tutti suoi beni mobili, et stabili, presenti, e futuri, doti, ragioni dotali, ragioni, et attioni qualsivogliano, eccetto però dall’ infrascritti legati, e condizioni nel presente suo testamento contenuti, e dichiarati.

Item caso che quando seguirà la morte d’ essa testatrice detto suo marito, et herede fusse morto prima di essa, in tal caso da hora per all’ hora istituisce, ordina et fa suo herede uniuersale et particolare Felice Jugno, sorella carnale d’ essa testatrice nel modo, come sopra, eccetti li medesimi infrascritti legati.

Item lascia per l’ anima sua alla mensa Vescouile d’ Alife uno tarì.

Item lascia alla Cappella della Pietà di detta terra pro riparatione uno tarì.

Item che il suo herede, che soccederà ut supra debba spendere carlini venti per il funerale d’ essa testatrice fra l’ officio, messe, et candele.

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22 agosto. Sancti Angeli, in Repartimento Rauiscaninae.

Il De Angelillis è a Raviscanina, in luogo detto Casa Iannotta, nell’ abitazione di Caterina Iannotta, vedova di Geronimo Lorasco. La donna dichiara che nel passato mese di luglio era deceduto suo marito, Geronimo Lorasco, lasciando erede la figlia Giovanna, sposata con un tal Domenico Loisello di S. Tammaro. Ma pochi giorni dopo era morta anche quest’ ultima, senza testamento e senza figli, perciò la suddetta Caterina, madre di Giovanna, a scanso di eventuali discussioni, desiderava fare l’ inventario di tutti beni lasciati dal marito e promessi alla figlia al momento del suo matrimonio.

In primis dechiara esserui quattordeci porci, che detto quondam Geronimo teneua dati a socida ad Antonio Troianetta, quali per debito d’ esso quondam Geronimo sono stati esequti(sequestrati), e uenduti all’ Illustrissimo Signor Marchese della Pietra Padrone.

Item dechiara esserui remasti due Caualli di detto quondam Geronimo nella tauerna, seu hosteria dell’ ordichella in Casale di Santo Tammaro, doue detto quondam Geronimo morì, e fu sepellito, quali s’ hanno da ricuperare essendono stati esequti per quanto intende ad istanza dell’ Illustrissimo Duca di Mignano Creditore di detto quondam Geronimo.

Item ui è uno somaro, che lo tiene detta Catarina.

Item dechiara essernoui quattro porcastri che tiene a guardia Francesco de Christofano esequti ad istanza del sud° Illustrissimo Signor Marchese.

Item dechiara detta Catarina esserui in suo potere uno libro d’ esattione a fauore di d° quondam Geronimo, datoli da esigere dall’ Uniuersità di Rauiscanina, nel quale molti, e diuersi Cittadini deuono diuerse summe facientino la summa de ducati quindeci in circa, come da d° libro appare, però non sa se tutte le partite sono liquide.

Item dechiara esserui in suo potere una poliza priuata a fauore di d° quondam Geronimo di Carlini dieceotto consequendi da Bartolomeo Rega.

Dichiara poi i seguenti beni immobili:

In primis due membri di Casa, cioè una superiore, e l’ altra inferiore parte della Casa d’ essa Catarina, et proprio la parte uerso oriente una col cortile, et horto per quanto ut la derittura di dette Case assignateli per le ... sue doti.

Item uno pastino uitato con diuersi altri frutti di tomola due in circa sito in d° Ripartimento, doue si dice l’ Agnuni iusta li beni dotali de Vinc° de Rago, dotali di Ant° Gentile, demaniali dell’ Uniuersità, et altri.

Item uno territorio arandino di tomola trenta in circa con cerque sito in territorio di detta terra in loco detto Li felici della Ferrara, iusta li beni de Sisto Ferraro, li beni dell’ Abbazia della Ferrara, strada pubblica, et altri.

Sono presenti all’ atto Geronimo Pollestrino, regio giudice a contratti, il rev. don Giovan Battista Iannuccio, ed il notaio Domenico de Cristofano, tutti di Raviscanina. Gli altri, il chierico Vincenzo Cicerchia e Francesco Alifano sono di S. Angelo.

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Al foglio 100 della raccolta De Angelillis, su una mezza pagina, troviamo una lettera indirizzata al vescovo d’ Alife, Domenico Caracciolo, a quel tempo residente a S. Angelo. (9)

La riporto integralmente, qui di seguito, precisando che il notaio inserisce fra i suoi documenti l’ originale di questa supplica scritta dall’ arciprete don Alessandro Riardi, parroco di S. Maria della Valle.

 

Illmo Reumo  Sige

D. Alessandro Riardi suo .... / sudito di V. E. Illustrissima supplicando espone come hauendo finito l’ oficio di procuratore assieme con D. Carlo d’ Antico del Clero della terra di S. Angelo Domenica prossima fecero elettione di nuoui procuratori in persona di D. Francesco Cillo et di D. Pietro pocino li quali ne l’ istesso tempo renunciarono d’ esercitare l’ officio, et essendoui necessità di procuratori a causa si deuono restituire in beneficio della chiesa della Santissima Nunziata di detta terra docati cinquanta et già sono pronti per tanto supplica V.S. Illustrissima eligere per detta causa due persone che esercitano l’ officio di procuratore et nella prima Domenica si facci eletione nuouamente di procuratori acciò la chiesa non patisca detrimento et il tutto

A tale richiesta il vescovo, con rescritto del 13 settembre, datum Sancti Angeli, in Ep(iscopa)li Palatio, nomina procuratori provvisori don Alessandro Riardi e don Domenico Cillo, autorizzandoli a reimpiegare immediatamente il capitale; convoca poi il clero di S. Angelo per la domenica seguente per procedere all’ elezione dei nuovi procuratori.

Lo stesso 13 settembre i suddetti sacerdoti compaiono davanti al notaio De Angelillis e, dopo aver ricevuto da Antonio Ricciardo il capitale di ducati 50, subito glielo restituiscono con un interesse del 9% annuo.

Nell’ atto notarile è citato il fu Giovan Battista Girardi, medico, e cioè doctor phisicus secondo la terminologia dell’ epoca, che qui è sostituita dalla sigla A(rtis) M(edicinae) D(octor), analoga a quella usata per i dottori in legge, U(triusque) J(uris) D(octor).

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8 ottobre.

Rinaldus de Carolo,(10) terrae Petrae, ad presens Capitaneus, seu Gubernator terrae praedictae Sancti Angeli, giura e promette ai sindaci Marcantonio Villano e Michele de Cristofano di bene operare nell’ interesse dell’ Università e di sottomettersi, alla fine del suo mandato, al giudizio dei sindacatori eletti in pubblico parlamento.(11)

Garantisce queste promesse un tal Giuseppe de Notare, di S. Angelo, che, insieme col De Carolo, si impegna a pagare una penale di 25 once d’ oro qualora il governatore fosse venuto meno ai suoi obblighi.

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12 ottobre.

E presente Francesco Sciarreta che in veste di factor siue magister domus Illustrissimi Domini Dominici Caracciola, episcopi Aliphani rilascia una quietanza a Lucente Angelillo e Domenico Iannotta, madre e figlio. Quest’ ultimo, in data del 19 dicembre 1667, si era offerto di servire il vescovo Caracciolo per un anno, due mesi e cinque giorni, dietro compenso di 18 ducati. Si era però sciolto dall’ obbligo prima della scadenza dei termini e pertanto era tenuto a restituire la differenza sulla somma pattuita.

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Dopo il documento precedente sono inseriti alcuni fogli recanti un contratto di matrimonio che qui integralmente si riporta

 

In Dei nomine

Capitoli, patti, e conuentioni del futuro matrimonio da farsi, Piacendo al Signore, fra Marc’ Antonio Iannacone, figlio legittimo e naturale de Francesco Iannacone e Lucente, et l’ honesta zita Felice, figlia legitima, e naturale del quondam Francesco de Balis, et Angiola Cicerchia, ambidue della Terra de S. Angelo Rauiscanina.

In primis detto Marc’ Antonio promette pigliar per sua legitima e cara sposa la detta Felice, e con quella contrahere e consumare detto matrimonio come comanda la Santa Madre Chiesa e la detta Felice promette con espresso consenso de Angiola Cicerchia, Pietro, e Dominico de Balis suoi fratelli, pigliarse per suo legittimo, e caro sposo il detto Marc’ Antonio e contrahere e consumare detto matrimonio iusta R(itum). S(acrae). R(omanae). E(cclesiae).

E per che li matrimonij non se fando senza condegna dote acciò più facilmente se porti il peso di quello perciò la detta Angiola madre di detta felice, Pietro, e detto Dominico, fratelli in solidum promette in dote, e nome de dote a detta Felice, figlia di detta Angiola e sorella di detti Pietro, e Dominico, docati cinquanta quali promettono consignarli al detto Marc’ Antonio in termine de due anni, e fratanto non gli debba correre interesse alcuno de più non auendo pro manibus detti docati cinquanta li sia lecito consegnarli tanti mobili, o stabili, a loro arbitrio, et anche li promettono panni alla seie cioè seie lensola noue, seie cammise seie touaglie, seie touagliole auatesini come se trouerà. De più li promettono uno Matarazzo ususato (sic) una Manto un saccone da tener paglia e due Casdrie de noce, cioè una noua et una usata.

Item Io D. Paolo de Balis Arciprete, zio carnale della detta Felice come mia nepote li prometto docati cinquanta in questo modo cioè docati quindici .......? che detto Marc’ Antonio et uno oliueto con molti piedi de oliue per ducati trentacinque et è quello proprio che comprai da Luc’ Antonio Cicerchia lo detto alla Vigna Riardi fine gli altri miei beni, i beni de Vittoria Manzo, i beni di dett’ Angiola Cicerchia et i beni di D. Siluestro Sansone comprati da Iacomo Valetti? e l’ istrumento con detto Luc’ Antonio fu fatto per mano del quondam Notar Francesco Girardi al quale s’ ha relatione.

E poi che detta Felice e Marc’ Antonio suo futuro sposo se senteno ben contenti de tutta questa promissione de dote tanto che Padrimonio, quanto de ogn’ altra successione. Però renuntiano a’ detti Pietro, Dominico, Carlo et a Marc’ Antonio, fratelli carnali di detta Felice ciò de che per detta causa li potesse succedere et in casu de / dissolutione de madrimonio, quod absit, sia tenuto il detto Marc’ Antonio restituire detta dote una cum lo solito antefata, et il tutto se intende come l’ uso e consueto de questa terra de S. Angelo Rauiscanina, et in fede de ciò ne ho scritto, e sottoscritto li presenti capitoli per ordine di detta Angiola, e fratelli de detta Felice in presenza delli sottoscritti testimoni, e firmati col segno de Croce de loro propria mano per non sapere scriuere a dì primo de Marzo 1665.

Depiù la detta Angiola madre de detta Felice promettono inoltre et in nome de dote de Rame noua lavorata libre trenta in termine de Anni due et .... de mesali braccia seie e seie braccia del salu.... e seie coscini della maniera che si potranno hauere, et in fede del uero ne hanno fato scriuere li presenti per mano di me sottoscritto e firmati de loro proprie mani col segno della croce.

a dì primo de Marzo 1665

+ Il segno de croce de Angiola Cicerchia accettante ut supra.

+ Il segno de croce de Dominico de balis accettante ut supra.

+ Il segno de croce de felice de balis accettante ut supra

Io Marcantonio Iannacone accetto ut supra.

Io Cl. Tomasi Carlo Maiello sono testimonio ut supra.-

Io D. Pietro pocino sono testimonio ut supra.

Io horatio iugno sono testimonio ut supra.

Io D. Felice d’ Ambrosio sono testimonio ut supra

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A provare che a S. Angelo, oltre al vescovo Caracciolo, era presente anche il suo vicario abbiamo, tra le carte del notaio De Angelillis, una richiesta di don Alessandro Riardi, il quale per molti suoi bisogni et necessità uole pigliare a censo dalla chiesa della Santissima Nunziata di S. Angelo doc. cinquanta et detti docati cinquanta uuole obligarli il suo patrimonio. Il 29 settembre 1668 il Vicario Generale, don Geronimo Risella, risponde affermativamente con nota emessa in Terra Sancti Angeli, in Episcopali Palatio.

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Il secondo volume, contenente i documenti del 1681, inizia con tre atti stesi a Piedimonte nel Palazzo Ducale.

 

4 febbraio. In terra Pedemontis, in palatio Ducali, hora prima noctis nondum pulsata, tribus luminibus accensis ad melius dignoscendum personas et pro seruandis sollemnitatibus in nocturnis actibus requisitis

Si costituiscono da una parte Maria Dragonetti, vedova dell’ utriusque juris doctor Andrea Costantini di Piedimonte, e dall’ altra Donna Cecilia Acquaviva, duchessa di Laurenzana. Nell’ intricata controversia circa la riscossione di un credito, la suddetta Maria Dragonetti dona quanto le è dovuto alli PP. Minori dell’ ord. di S. Francesco del Convento di Santa Maria Occorrevole, e per essi alla detta eccellentissima Duchessa affine che tutto quello che recuperasse per causa di detto credito l’ impiegasse in fabrica per seruitio di detto Conuento. Si tratta di settanta ducati da impiegare pro aedificio, et fabrica Noui Nouitiati supradicti Conuenti.

Sono presenti Ovidio Della Torre, regio giudice, ed i testimoni don Luigi de Benedittis, Giuseppe Parrillo, notar Carlo Ciccarello e Fabio d’ Ambrosio, tutti di Piedimonte.

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Il giorno dopo, trascorsa la notte nel palazzo ducale, il notaio è chiamato a redigere tre istrumenti di vendita.

Il primo è la conferma di un acquisto fatto dalla duchessa di Laurenzana di un terreno aratorio con querce, della superficie di otto moggia, vendutole il 3 maggio 1680, per 95 ducati, da Antonia Pietraleone, moglie di Filippo Caicchia. Il fondo si trovava in territorio di Piedimonte, in luogo detto Li Magliocchi.

Nel secondo documento Ovidio della Torre vende alla duchessa un terreno con querce, castagne ed altri frutti, esteso circa 45 moggia, nelle pertinenze di Piedimonte, luogo Le Cese, per ducati 150, subito pagati dalla duchessa in monete d’ oro e d’ argento.

Nell’ ultimo compaiono la duchessa ed un tal Francesco Piazza del Casal di S. Potito, il quale dichiara di cedere alla duchessa Cecilia Acquaviva un fondo di dodici moggia, comprato a nome della stessa per venti ducati. Il terreno, incolto con castagni, querce e noci, in tenimento di S. Potito, luogo detto Le Cerquete, era stato posto all’ asta, ad estinzione di candela, per soddisfare i creditori del proprietario, il fu Giovan Battista Pacella di S. Potito, ed era rimasto al Piazza quale migliore offerente.

Sono presenti agli atti Scipione de Amato, regio giudice del Casale di S. Potito, l’ utriusque juris doctor Andrea Perrino, Giuseppe Miliaccio di Pietravairano, abitante a Piedimonte, Filippo Gesimundo di Gioia e Luca Antonio Pedtis (sic).

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10 febbraio. In terra Sancti Angeli Rauiscaninae, in loco ubi dicitur Li Perrotti.

Viene ufficializzata la generosa donazione che Geronima de Antonellis(12) fa alla Cappella del SS. Sacramento alla presenza del sacerdote don Cesare Sabino, economo della suddetta Cappella. La benefattrice dichiara come l’ anno passato auendo essa Geronima fatta donatione alla detta Cappella del Santissimo della casa di due membri sita in detta terra, et proprio in questo luogo detto li Perrotti, con conditione che restasse estinto il Capitale, che detta Cappella deue conseguire sopra detta casa dal quondam Giacomo Antonio Valentino, marito d’ essa Geronima, una con le terze tanto per il passato decorse, quanto decorrende per l’ avvenire, et che la medesima Cappella a sue spese hauesse dovuto reparare la casa predetta dall’ imminente rouina, che minacciaua, et che seguente la morte d’ essa Geronima la medesima Cappella a sue spese l’ hauesse fatta sepellire, et con altri pesi, siccome più diffusamente appare da detta donatione per mano mia, alla quale et perché già detta Cappella ha fatto reparar la casa predetta, per che fare vi ha speso somma eccedente il ualore di quella.

La De Antonellis passa poi a donare due membri di case una superiore l’ altra oggi diruta, una con tutte attioni, et ragioni, site nelle pertinenze di Rauiscanina di detta terra, nel luogo d° a casa d’ antonello, fine li beni di Sarro d’ antonello, beni di Domenico, et Paolo Mastrati, beni del Reuerendo D. Geronimo d’ Antonellis, et altri una con l’ attione di repetere, et recuperare dalli occupatori detentori, et defrodatori li ordegni di dette Case, come traui, Cannali?, tauole, et altro.

Un territorio con oliue di mezzo mogio in circa sito in pertinenza di detta terra nel luogo d° Le Pratelle, alias Le Casepagane, fine li beni del Reuerendo D. Francesco Mancino, beni di Gio(uanni) Bera(rdino) Mazza, stratella, et altri.

Et finalmente tutti li suoi beni mobili, et anco le supellettili di Casa presenti, et futuri, con conditione però che uenendo essa Geronima in miseria tale, che hauesse con che alimentarsi, le sia lecito uendersi detti mobili, o parte di quelli, con che pure la detta Cappella sia tenuta, siccome nella sopra enunciata donatione primo loco fatta si contiene, far sepellire a sue spese il cadauere d’ essa Geronima quando sarà seguita la sua morte, et non altrimenti.

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24 marzo

Si revoca, per la presenza di altri figli legittimi, una donazione fatta da Sebastiano Girardi in favore del figlio Giovanni. A tale scopo, la Curia Vescovile di Alife scioglie il donante dal giuramento che ha fatto al momento di ufficializzare la donazione.(13) Quindi il governatore di S. Angelo Raviscanina, Costantino(?) de Cristofano, dichiara lecita la revoca e la stesura di un nuovo, più preciso documento, cui si allegava la copia della sentenza, emessa, il 16 agosto del 1671, dalla Curia di S. Angelo Raviscanina.

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24 giugno. In terra Sancti Angeli Rauiscaninae et proprie in loco ubi dicitur La Nunziata.

Davanti al notaio de Angelillis compare l’ Abbazia di S. Maria della Ferrara di Vairano, rappresentata dal rev. don Antonio Ferraro di Raviscanina che agisce a nome del Cardinal Rospigliosi, abbate commendatario dell’ Abbazia.

Dall’ altra parte è Giuseppe Achille Caicchia di Piedimonte che prende in enfiteusi dall’ Abbazia della Ferrara quattro tomola di terreno boscoso ed incolto, posto in territorio di Alife, nel luogo detto La Fontana delle Gallinelle, alias lo Monumento. L’ enfiteuta ed i suoi successori al 3° grado si impegnano a disboscare il terreno ed a metterlo a coltura (terram praedictam meliorare, colere, et gubernare, ac de nemorosa et inculta, in cultura reddere), e per poi dare all’ abbazia la settima parte dei suoi frutti annui. Ultimi enfiteuti ne sono stati Pasquale e Caterina De Fabrizio in forza di un istrumento del 1585, redatto dal notaio Giovan Carlo Geremia di Vairano.

 

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8 settembre. In terra Pedemontis, in Palatio Ducali.

Sotto questa data ci è giunto il più importante documento conservato nei volumi del de Angelillis. E’ redatto nel Palazzo Ducale di Piedimonte e si riferisce alla pubblica e solenne emancipazione di Nicola Gaetani, figlio del duca Antonio Gaetani di Laurenzana. (Emancipatio pro illustrissimo Domno Nicolao Caetano).L’ emancipando non è presente, ma è rappresentato dallo stesso notaio De Angelillis, che ascolta e trascrive le parole del Duca di Laurenzana.

Questi afferma che è antica e solita consuetudine dell’ illustrissima platea e sedile del Nido che i cavalieri, figli delle famiglie appartenenti a quel sedile, prima di intervenire, votare e discutere in quelle assemblee, debbono aver completato il diciottesimo anno di età, ed essere pubblicamente emancipati e liberi dai vincoli paterni. A tale scopo fa pubblica e solenne dichiarazione, ufficialmente raccolta dal notaio alla presenza di Giovanni Cominello, regio giudice, del Rev. don Giovan Angelo de Nuptiis, del dottore in legge Andrea Perrino, di Giuseppe Migliaccio e di Roberto Neli?, tutti di Piedimonte, e tutti partecipanti, compreso il notaio, all’ immancabile banchetto che dovette seguire alla cerimonia.

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21 dicembre 1681 ....in Casali Rauiscaninae, prope ecclesiam Sanctissimae Nunziatae dicti Casalis.

Sotto questa data vanno due contratti per quali si costituiscono il rev. don Giovanni Berardino Mazza, economo della Cappella della Misericordia, costruita nella Chiesa dell’ Annunziata di Raviscanina, il rev. don Francesco Mancino ed il rev. don Antonio Ferraro.

Nel primo documento don Francesco Mancino restituisce alla Cappella della Misericordia un capitale di ducati 23 presi in prestito, alla ragione del 9%, il 15 ottobre 1654, come risulta dall’ atto steso dal rev. don Tommaso Mazza, pubblico notaio.

Contemporaneamente, con altro strumento, la stessa Cappella, in persona di don Giovanni Berardino Mazza, acquista, da don Antonio Ferraro, un’ abitazione di due stanze, con cortile e pastino vitato. Il tutto si trova nel Ripartimento di Raviscanina, in luogo detto Capomantella, e confina con i beni del chierico Domenico de Rago, di Nicola Pirretta e via pubblica.

Per tale acquisto il Mazza impegna la somma precedentemente incassata, ducati 23, i quali dovrebbero fruttare carlini 20 e grana 7, che il Ferraro si impegna a pagare annualmente per riprendersi, come affittuario, quanto ha venduto, mentre, da parte sua, l’ economo Mazza fa promessa di retrouendere, al Ferraro o ai suoi eredi, terreno, casa e cortile, quando e se gli aventi diritto ne avessero fatto richiesta.

I testimoni, tutti di Raviscanina, sono il regio giudice Geronimo Pollastrino, i sacerdoti don Biagio de Sanctis, don Tommaso Mazza, don Paolo Sanfelice, il chierico Domenico de Rago, Giulio Perillo, Giovan Battista de Juliano e Giovanni Juliano, unico analfabeta.

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Questi sono alcuni documenti contenuti nei libri del notaio de Angelillis, ma molti altri ne restano particolarmente utili per una ricerca sulle famiglie, sui personaggi e sulla toponomastica di S. Angelo d’Alife, da integrare con i registri tradizionali dell’ archivio parrocchiale.

 

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(*) Esprimo qui gratitudine e ringraziamento al Rev. D. Antonio Rinaldi, parroco di S. Maria della Valle, che, con grande cortesia, mi ha permesso di consultare l’ archivio di questa antica chiesa di S. Angelo d’ Alife.

(1) D. B. MARROCCO, Il vescovato alifano nel Medio Volturno, Napoli 1979, pag. 16.

(2) Il notaio Giuseppe de Angelillis dovrebbe essere il padre di Michelangelo de Angelillis, anch’egli notaio e sindaco di S. Angelo nel 1741, come risulta dal Catasto Onciario di quell’ anno.

(3) Sul primo foglio di questo volume si legge: In nomine Domini nostri Iesu Xsti amen. Hic est liber mei notarij Ioseph de Angelillis de terra S. Angeli Rauiscaninae Terrae Laboris, confectus sub anno Domini ab eius Circumcisione millesimo sexcentesimo sexagesimo octauo, Inditione 6a, Anno Regni Serenissimi Cap(toli)ci ac Inuictissimi Domini nostri Don Caroli de Austria 2i Dei gratia Regis Castellae Aragonum, Utriusque Siciliae Hierusalem Regnorum eius in hoc citerioris Siciliae anno 3° feliciter amen. In quo, Deo fauente, describam omnes contractus, testamernta et rogationes de quibus anno praedicto contigerit me fore rogandum, in quorum supra describendarum propriam fidem presentem titulum scripsi manu propria, signo, quo in meis instrumentis uti consueui signaui (segue il signum)

(4) La Terra di S. Angelo Raviscanina, una come feudo, era in realtà divisa in due Ripartimenti, quello di S. Angelo (Paparini e Chiaje) e quello di Raviscanina., ognuno dei quali aveva il proprio sindaco ed i propri eletti; restavano in carica dal 1° settembre a 31 agosto dell’ anno successivo. Vedi N. MANCINI, Raviscanina. Ricerche storiche, Piedimonte Matese, 1998, pag. 60 e seg.

(5) Il Governatore, o Capitano seu Locum tenens era il rappresentante del governo centrale, addetto alla sorveglianza dell’ operato degli amministratori locali.

(6) Gli altri sono: Antonio Coletta di anno ignoto; Antonio Urso, (1584); Antonio de Luca, (1592); Scipione Ferruccio, (1593); ... de Orchis, (1648); Rinaldo de Carolo, (1669); Domenico Cardillo, (1685); Martino Bruno, (1699); Carlo Picozzi, (1759); Agostino Santamaria, (1776); Ignazio de Parrillis, (1778); Giovanni del Mastro, (1780); Domenico Battista Lopez, (1791).

(7) A quel tempo il pagamento di alcune somme veniva frazionato in tre rate annuali dette perciò terze, scadenti a Pasqua, agosto e Natale.

(8) Sotto ogni Cappella, ossia altare minore, era un luogo di sepoltura, quasi sempre riservato ai membri di una famiglia benestante.

(9) Il vescovo rimase per cinque anni in questa nuova residenza e vi morì ucciso da una fucilata la notte del 14 ottobre 1673. Vedi D. MARROCCO, op. cit., pagg. 44 e 45. Il Caracciolo, originario di Gaeta, aveva con sè, a S. Angelo, due suoi concittadini, Erasmo Sasso, giudice a contratti e il maggiordomo Francesco Sciarretta; era con lui anche don Geronimo Risella, di Piedimonte, suo Vicario Generale. Tutti compaiono negli atti del notaio De Angelillis.

(10) Rinaldo de Carolo è all’ inizio del suo mandato e subentra al suo concittadino Giovan Battista de Simone che abbiamo visto in carica il 2 aprile. Pertanto bisogna credere che il mandato di questi governatori durasse quanto l’ annata agraria, sulla quale, peraltro, il De Carolo sembra in ritardo.

(11) Tutti gli amministratori delle Università al termine del loro mandato dovevano sottoporsi a sindacato, dovevano cioè rendere conto del loro operato ai cosiddetti Razionali, cittadini eletti dai capifamiglia in pubblico parlamento. A garanzia dell’ imparzialità di questi giudici il soggetto a sindacato poteva presentare la  lista suspectorum, cioè un elenco di cittadini della  cui imparzialità il giudicando non era sicuro. Costoro non erano perciò eleggibili.

(12) Geronima apparteneva alla cospicua famiglia de Antonellis di Raviscanina e doveva essere sorella di Sarro e del rev. Geronimo, citati in questo atto

(13) Non mancano nel registro del de Angelillis chiari riferimenti a questi giuramenti che i sacerdoti formulavano portando la mano al petto (tacto pectore), mentre i laici ponevano la mano sul Vangelo (tactis scripturis)